Viaggi disperati: nel 2018, in media sei persone al giorno hanno perso la vita in mare

Nel 2018, in media sei persone al giorno hanno perso la vita nel Mediterraneo.

Questi i dati allarmanti presentati dall’ultimo rapporto “Viaggi Disperati“, pubblicato da UNHCR, Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Nonostante il numero di rifugiati e migranti arrivati in Europa risulti uno dei più bassi degli ultimi cinque anni (139.300) – in Italia gli arrivi sono diminuiti dell’80% rispetto al 2017 – ,  questo non ha fermato le morti in mare. Il rapporto stima almeno 2.275 persone morte o disperse durante la traversata del Mediterraneo, considerata ormai come la più letale del mondo.

(Fonte UNHCR, Viaggi Disperati, 2018)

Complice la riduzione della capacità di ricerca e soccorso, insieme ad una risposta agli sbarchi non coordinata né prevedibile, il tasso di mortalità è aumentato e molto probabilmente confermerà questa tendenza anche nel 2019.

Proprio parlando delle previsioni per il 2019, il rapporto si focalizza anche sulle politiche adottate da alcuni Stati europei, tra cui l’Italia. Politiche che hanno causato numerosi incidenti in cui molte persone sono rimaste bloccate in mare, alla deriva per giorni in attesa di un’ autorizzazione a sbarcare.

Lungo le rotte dalla Libia all’Europa, infatti, si stima che una persona ogni 14 arrivate in Europa abbia perso la vita in mare, un’impennata vertiginosa rispetto ai livelli del 2017. Altre migliaia di persone sono state ricondotte in Libia, dove hanno dovuto affrontare condizioni terribili nei centri di detenzione. 

Un dato interessante presente nel rapporto è sicuramente quello relativo al cambiamento delle rotte di migrazione dei rifugiati. Per la prima volta negli ultimi anni la Spagna è diventata il principale punto d’ingresso in Europa con circa 8.000 persone arrivate via terra (attraverso le enclavi di Ceuta e Melilla) e altre 54.800 arrivate in seguito alla pericolosa traversata del Mediterraneo occidentale. 

Altrove in Europa, si sono registrati circa 24.000 rifugiati e migranti arrivati in Bosnia-Erzegovina, in transito attraverso i Balcani occidentali. A Cipro sono arrivate diverse imbarcazioni di siriani salpate dal Libano, mentre un numero limitato di persone ha tentato di raggiungere il Regno Unito via mare dalla Francia verso la fine dell’anno.

Cosa ci aspetta nel 2019

Il report UNHCR fa anche delle raccomandazioni e guarda al futuro: la creazione urgente di una risposta regionale coordinata e prevedibile per il soccorso in mare, oltre a una maggiore condivisione di responsabilità diffusa in Europa. Bisognerebbe prevedere maggiore capacità di soccorso, punti di sbarco precisi e prevedibili, maggiori solidarietà e sostegno per quei Paesi nei quali arriva la maggior parte di rifugiati e migranti, un accesso migliore a vie sicure e legali (quali il reinsediamento, la riunificazione familiare, i piani per l’istruzione e per l’impiego), maggiore protezione per i minori non accompagnati e i sopravvissuti alla violenza sessuale e di genere, e misure più severe contro coloro che si macchiano di crimini ai danni di rifugiati e migranti, tra cui i trafficanti di esseri umani.

Secondo il rapporto, nel 2019, la maggior parte di queste tendenze dovrebbero mantenersi invariate nei prossimi mesi. Fino a quando le cause e i fattori scatenanti degli esodi di rifugiati e migranti non saranno affrontati in molti Paesi nelle regioni confinanti,  infatti, alcuni continueranno a cercare sicurezza e protezione altrove, mentre altri continueranno a fuggire. Considerato l’elevato numero di arrivi via mare nella seconda metà del 2018, appare probabile che la Spagna rimarrà il principale punto di ingresso in Europa. Questa situazione necessiterà di ulteriore solidarietà e maggiori sforzi per migliorare le condizioni di accoglienza, oltre a garantire procedure di asilo eque ed efficienti per le persone che richiedono protezione internazionale.

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