Soccorrere la vittima di un incidente stradale, salvare dei migranti in difficoltà in mezzo all’Oceano. Qual è, esattamente, la differenza tra le due azioni? Non puntano entrambe a salvare una (o più) vite? E in una situazione così, noi come ci comporteremmo?
È su questo dilemma che il regista austriaco Wolfgang Fischer incentra tutta la narrazione del suo film del 2018, STYX. La protagonista Rike (Susanne Wolf), medico e velista esperta, si trova in entrambe le situazioni: se però per la prima il soccorso è stato istantaneo e naturale, per la seconda si deve scontrare con le leggi del mare e degli Stati, le lungaggini, la prassi da seguire. Il tutto a dispetto della situazione evidentemente di emergenza in cui i migranti si trovano sulla “carretta del mare” di cui sono prigionieri, talmente disperata da indurli a buttarsi in mare piuttosto che affondare con la barca.
L’unica cosa che la protagonista riesce a fare è salvare un ragazzino, ma non è abbastanza, non per lei. E così Rike si trova nella stessa situazione in cui si sono trovati in tanti nel corso della storia, in particolare di quella recente: ubbidire ciecamente alla legge dell’uomo, o conservare la propria umanità?
Styx, in italiano Stige, è il “fiume dell’odio”, uno dei fiumi infernali della mitologia greca e della Divina Commedia: lo stesso odio con cui una sponda del nostro mare accoglie chi viene in cerca semplicemente di un futuro migliore. Anche per questa ragione, STYX non è solo un film drammatico: è un film potente, che fa pensare alla nostra società e alle derive inumane del nostro tempo, ricordandoci che però ci può essere un barlume di speranza. Basta solo farla emergere.
Guardate il trailer: se vi convince, vi consigliamo caldamente di recuperare il film, premiato alla Berlinale 2018 e uno dei finalisti del premio Lux del Parlamento Europeo.
(credit video: ComingSoon)