“Ho bisogno di finire questo film. Senza sono solo uno tra tanti, senza la mia storia è solo una tra tante”
Con l’obbligo di stare a case e Con i cinema chiusi per via del Coronavirus l’unica strada da percorrere per chi è appassionato di film è rivolgersi ad internet, in particolare alle piattaforme a pagamento come Netflix, Amazon Video o la new entry Disney + per trovare qualcosa di interessante. Ma non tutti hanno un abbonamento a servizi del genere. Per loro alcuni cinema sono scesi in campo caricando nei loro siti film e cortometraggi di assoluto valore, spesso in maniera completamente gratuita, per “farci compagnia” in questi momenti complicati, e aiutarci a vedere il mondo fuori dalle quattro mura domestiche senza lasciare il divano.
A scegliere questa via sono stati, tra gli altri, il PostModernissimo di Perugia e il Metropolis di Umbertide, con l’iniziativa “Di/Stanza“, con cui lasciano a disposizione del pubblico una dozzina di titoli, per lo più film indipendenti.
Tra questi quella che per noi è un piccola perla, che parla senza troppi filtri dei temi che ci sono più cari: immigrazione, integrazione, gli sforzi degli stranieri per farsi una vita in Italia nonostante tutto.
Parliamo oggi di “OKIKE. A movie in English and Pular“, corto di circa 20 minuti del maceratese Edoardo Ferraro, realizzato su input del GUS–Gruppo Umana Solidarietà Guido Puletti, proprio di Macerata. Ed è nella città marchigiana che è ambientata la vicenda del protagonista Ousman Bah, detto Okike, che si prepara ad affrontare uno dei momenti più difficili per chiunque entri in Italia con la speranza di ottenere l’asilo politico: l’intervista della Commissione Territoriale, che ha il compito di ascoltare e valutare le storie personali dei richiedenti per decidere se riconoscere o meno la protezione internazionale.
Un momento delicato che Okike decide di affrontare a modo suo: facendo vedere alla Commissione il film da lui girato, come da titolo “in inglese e Pular”, con la collaborazione degli altri ragazzi seguiti del GUS. Il corto segue proprio la realizzazione del filmato con cui Okike vuole raccontare la sua storia. Quasi un’ossessione, che lo porta ad avere guai con le forze dell’ordine (tra le altre cose per aver voluto fare delle riprese in una proprietà privata) e a mettere in difficoltà gli operatori e i suoi amici, che anche se lo credono un uomo intelligente e gli vogliono bene la mentano questa sua fissazione, che gli toglie tempo che sarebbe meglio investire nello studio dell’italiano.
In poche parole, quello che vediamo nel corto è la realizzazione di un film: e le due dimensioni si mescolano, inframezzando il filmato di Okike con mezzi di fortuna (uno smartphone e una piccola telecamera) e le immagini di vita del protagonista, tra la sua quotidianità e il suo impegno nella realizzazione della su opera. Inoltre, a queste due dimensioni se ne aggiunge una terza, di cui intravediamo solo brevi spezzoni in cui capiamo che quello di Okike non è effettivamente frutto della sua fantasia, ma solo del suo desiderio di mostrare, non solo a parole ma con le immagini, la sua storia di migrazione.
Basta parlare della trama: del resto il cortometraggio è molto breve, e già così abbiamo detto buona parte della storia. Chiudiamo dicendo che, se gli operatori che si vedono nel corto sono probabilmente attori, non così si può dire di Okike e i comprimari del film: come viene spiegato in un backstage la scelta dei personaggi è stata fatta attraverso un casting tra i ragazzi seguiti dall’associazione, che quindi (e si può vedere leggendo i nomi nei titoli di coda) di fatto interpretano sé stessi.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.