Migranti di oggi e migranti di ieri

Nel confine umbro marchigiano, incastonato fra gli Appennini, a cinquecento metri sul livello del mare, sorge il borgo di Gualdo Tadino. Qui, dal 2003, all’interno delle antiche mura del Palazzo del Podestà, è ospitato il museo regionale dell’emigrazione “Pietro Conti”. Tre piani dedicati alla storia degli emigrati italiani, per ripercorrere idealmente le partenze, il viaggio e gli arrivi. Tre piani di documenti e immagini che permettono di conoscere a fondo il destino che a partire dalla fine del ‘800, hanno condiviso almeno 27 milioni di persone di origine italiana.
Il 13 Febbraio scorso, un gruppo di quattordici richiedenti asilo ospitati da Cidis Onlus nel CAS di Umbertide, hanno visitato il museo immaginando, con una valigia in mano, di addentrarsi nelle miniere di Bruxelles, salpare sulle navi attraverso l’Atlantico, sbarcare all’ombra della Statua della Libertà.

Ricostruire i passaggi burocratici che gli emigranti di allora erano costretti ad affrontare ai confini tedeschi, belgi o statunitensi, crea immediatamente un’analogia con le procedure di oggi. Molti aspetti sono certamente cambiati tuttavia le questioni restano le stesse. Il lavoro al centro nel percorso di migrazione, la tematica dell’accoglienza, con la sintesi “volevamo braccia e invece sono arrivati uomini” che campeggia su una parete al piano terra del Museo a sottolineare quanto ieri come oggi sia difficile per il Paese di destinazione adattarsi ai nuovi arrivi.

Gli stereotipi sugli italiani, i pregiudizi e le umiliazioni subite dai migranti per il loro stile di vita e le loro umili origini, ricordano ai visitatori il difficile percorso d’integrazione e non possono non richiamare la retorica politica dei nostri tempi.
Mentre salgono i piani del Museo e leggono le lettere che gli emigranti inviavano alle famiglie in Italia, i ragazzi richiedenti asilo, toccano con mano la storia dell’immigrazione italiana e si immedesimano. Riconoscono gli elementi familiari della quotidianità di chi emigra: dagli screening sanitari, alla precarietà dei documenti.

Ed è così che le storie del secolo scorso, ricostruite con immagini e video, raccontano incredibilmente anche le loro e arrivati a conclusione della visita, più di un ragazzo domanda candidamente con la testa e il cuore cercando il destino del proprio percorso migratorio, che ne è stato di Giovanni, Giuseppe, Emilia e degli altri di cui si narra.

Un ringraziamento al Museo per l’accoglienza e la disponibilità. Un piccolo estratto audio del percorso espositivo in wolof.


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