Marianela

Marianela viene dalla Bolivia, è nata a La Paz, la capitale più alta del mondo e risiede a Terni – città natale del marito – da cinque anni. Prima viveva a Barcellona, dove lavorava in uno studio di architettura, poi si è trasferita nella città umbra perché, alla vigilia della nascita della sua prima bambina, voleva avere almeno una delle due famiglie vicino e la sua era troppo lontana.

Marianela ha fondato un brand di abbigliamento per bambini, wawas, che ha una bella storia.

Una storia di famiglia, perché wawas, che nella lingua boliviana aymara significa “bambini”, era anche il brand utilizzato dalla madre per i suoi lavori di artigianato. È stata proprio lei a insegnarle a cucire, quando era una bambina.

La sua piccola impresa a Terni comincia con un cappottino rosso a pois cucito per sua figlia, che le ha fatto riprendere contatto con la sua manualità e creatività e con un’eredità materna che ha voluto continuare onorare.

I suoi lavori richiamano le caratteristiche naturali della sua terra: foglie di coca, nuvole colorate, la montagna Illimani – la cui cima svetta su La Paz – sono gli elementi che  decorano i suoi abiti. La sua attività sta crescendo nel panorama ternano e non solo, tanto che è stata coinvolta in progetti di valorizzazione dell’artigianato locale, nel settore della moda.

 

Definiresti Terni come una città accogliente?

Sì, a differenza di Barcellona qui le persone sono più calde. Se vai nei bar o nei negozi, le persone ti riconoscono e ti salutano sempre, ti domandano come stanno i tuoi figli, cose che anche nella mia città sono abbastanza normali. Per questo non ho avuto dubbi sul formare una famiglia qui. Ci sono stati un paio di episodi spiacevoli, che ho subito in quanto migrante, con autorità che hanno avuto atteggiamenti razzisti però queste sono cose che non c’entrano niente col resto della gente. A volte capita che le persone, soprattutto quelle poco istruite o gli anziani, ti facciano domande inopportune. Per esempio una volta una signora mi ha chiesto “Tu sei boliviana, ma a casa tua si vestono come noi?”. Sono abituata a domande come: “quale lingua si parla in Bolivia?” o “cosa si mangia nel tuo paese?”, “qual è la situazione politica?”, è normale, ma questo tipo di domande non si fa. Per il resto, mi sono trovata sempre molto bene, anche perché ho la fortuna di avere una famiglia grandiosa. Senza di loro sarebbe stato molto più difficile.

 

Hai avuto difficoltà con la lingua italiana?

Sto con mio marito da 11 anni, ma prima abitavamo a Barcellona, quindi non avevo necessità di parlare l’italiano. Quando abbiamo deciso di sposarci sono dovuta venire da sola in Italia per fare tutti i documenti necessari e da un giorno all’altro ho dovuto imparare l’italiano, mi sono dovuta “buttare”. Con l’orale va abbastanza bene ma con lo scritto ho ancora difficoltà.

 

Una parola in dialetto che ti piace particolarmente?

Magnà è la prima parola che ho imparato in italiano. Andiamo a magnà.

 

E a questo proposito, hai un piatto locale preferito?

Io mangio di tutto. La cucina umbra mi piace, è abbastanza sostanziosa.

Che te posso dì, mi piacciono molto la coratella e la parmigiana. Col cibo ternano mi sono trovata molto bene.

 

 

C’è, invece, una parola della tua lingua che ti piacerebbe insegnare ai tuoi concittadini?

La mia lingua, lo spagnolo, assomiglia molto all’italiano. Sono poche le parole che sembrano uguali ma significano un’altra cosa. C’è una parola in spagnolo che è più un concetto culturale che in italiano non esiste: quando stai parlando con qualcuno, per chiudere la conversazione da noi non basta dire “va bene, ciao”, puoi dire listo. Listo è come “finito, capito”.

È tutto chiuso, finita la conversazione.

 

Cosa ti manca della tua città di origine?

Devo dire che qui non mi manca nulla. Però certo, dal punto di vista affettivo il mio paese mi manca molto, mi mancano soprattutto la famiglia, le mie amiche, la mia città.

 

C’è qualcosa che Terni potrebbe imparare dalla tua città di origine e viceversa?

In Bolivia dovremmo imparare a essere un po’ più “ordinati” ed efficienti. La Paz è una città caotica, piena di gente, di venditori ambulanti nelle strade ma è sempre stata così, è parte della sua bellezza. Non è paragonabile a Terni, è molto diversa e in quella diversità sta la sua bellezza.

A Terni forse ci vorrebbero meno macchine e più parchi cittadini. La mia città è molto verde e si fa tanta vita di quartiere, anche se è piena di macchine lo stesso. Qui si vivono meno gli spazi pubblici e questo mi ha colpito molto.

Mi ricordo la prima volta che sono arrivata a Terni, in piazza Tacito: era così bella con questa fontana tutta illuminata, con l’acqua, i mosaici tanto belli e questo era solo 11 anni fa. Ora Mi sembra che le persone si curino meno della città. La Paz per certi versi è anche peggio, però gli spazi sono pensati e vissuti in un’altra maniera.

 

Lavori nel settore dell’artigianato e hai dato vita a un progetto che sta crescendo. Come mai hai scelto di fare proprio questo lavoro?

Ho iniziato grazie a mia figlia. Avevo cucito un cappottino rosso a pois per lei che ha avuto molto successo tra i miei conoscenti, così le persone hanno cominciato a chiedermi di farne altri. Ho sempre fatto lavori manuali, quando ero piccola mia madre mi ha insegnato a cucire e io mi facevo i vestiti, le bambole da sola.

In realtà sono mamma a tempo pieno, ho cominciato a fare abbigliamento per bambini seriamente più o meno due anni fa. Per questo ho fatto anche un corso di sartoria alla Casa delle Donne, dove ho avuto occasione di conoscere altre persone, come la mia collega, e ho imparato soprattutto a lavorare con la macchina; piano piano ho acquistato velocità e tecnica. Mi piace, mi fa bene e penso possa diventare un vero e proprio lavoro.

 

Grazie Marianela per aver raccontato un po’ di te.

 

 


Pubblicato

in

da

Commenti

Lascia un commento