Intervista a Marco Carniani, tra i fondatori dell’associazione Il Pettirosso e responsabile del progetto ‘Ondemigranti’.
Il Pettirosso è un’associazione attiva a Terni da molto tempo. Di che cosa vi occupate?
Quest’anno l’associazione compie 18 anni. Per chi l’ha vista nascere rappresenta un pezzo della propria vita; per chi si è da poco avvicinata o avvicinato è un’occasione per impegnarsi in attività formative e di sensibilizzazione sui temi del contrasto dell’hate-speech (o discorsi di odio), della cittadinanza attiva e digitale, dell’antirazzismo, dell’intercultura, dell’interazione e della socialità tra italiani e migranti. L’associazione, inoltre, nasce con una vocazione internazionalista ed è per questo che organizziamo incontri che ci consentano di conoscere meglio fatti e personaggi che in Europa e nel mondo si battono per la difesa dell’umanità, dell’equità e della giustizia sociale.
Quando è maturata la consapevolezza di dedicare una parte importante del vostro lavoro al tema dei migranti?
Non da subito, sebbene all’origine il tema fondativo dell’associazione fu quello della critica alla mondializzazione capitalista e della ricerca di azioni per sostenere un’economia ed un commercio equo e solidale. L’attenzione alle questioni che riguardano i migranti è nata una dozzina di anni fa, quando maturò la consapevolezza che i media rivestono un ruolo centrale nel condizionare l’opinione pubblica sull’argomento. Per questo quindi, ci siamo adoperati per favorire l’accesso dei migranti ai mezzi di informazione.
Tra le varie attività in cui la vostra associazione è coinvolta vi è il progetto Ondemigranti. Di che cosa si tratta?
Il progetto ‘Ondemigranti‘ è erede dell’omonimo progetto avviato nel 2006 ed interrotto nel 2014, quando era ormai evidente che la creazione di notizie “anticorpo” che raccontavano la presenza dei migranti nella nostra società e del loro progressivo e positivo insediamento non erano più sufficienti. Da allora abbiamo iniziato ad interrogarci sull’effettiva capacità di incidere anche in termini preventivi sulla diffusione dei discorsi di odio e xenofobi. A ciò va aggiunta la scarsa consapevolezza nell’uso dei social media da parte dei cittadini. Abbiamo quindi deciso di avviare una serie di azioni educative, informative, formative, di sensibilizzazione e di monitoraggio come l’osservatorio antirazzista che, speriamo, ci porti a costruire una alleanza locale tra insegnanti, giornalisti, studenti, giovani e associazioni.
Il nome Ondemigranti richiama alla mente un altro vostro progetto di diversi anni fa: un notiziario multilingue che ha vinto anche premi importanti. La vostra fu un’idea di grande impatto ed ebbe un successo notevole. Ci dici qualcosa in più?
Come dicevo il progetto nasce nel 2006 e negli anni successivi realizzò diversi servizi radiofonici – anche premiati – che intendevano raccontare un’altra Umbria, distante dai toni allarmistici sull’immigrazione, che forniscono una rappresentazione distorta della società e della vita quotidiana dei migranti e delle loro famiglie. Volevamo amplificare la voce dei ‘senza voce’. Sono anche loro vittime della crisi economica e forse lo sono più di altri, visto che per avere un permesso di soggiorno devono necessariamente dimostrare un lavoro regolare e pagare tasse aggiuntive come quelle per il rinnovo del permesso.
Avete scelto lo stesso nome per attività tutto sommato molto diverse tra loro, che ruotano tuttavia attorno al tema centrale della comunicazione. Un aspetto fondamentale della nostra società…
Assolutamente. E cerchiamo di farlo soprattutto favorendo la conoscenza e l’incontro; il che può sembrare paradossale con la diffusione dei social network, che si presentano invece sempre più come luoghi dove scontrarsi e dove l’ascolto è ridotto al minimo. Possiamo dire che on-line mancano ancora gli ‘anticorpi’ che servono ad una comunicazione non ostile.
Progetti per il futuro?
I progetti per il futuro vengono definiti dalle domande e dai bisogni di chi incontriamo nelle nostre attività; per il momento posso dire che il tema dell’educazione digitale e dell’uso dei sentimenti nel lavoro con la popolazione (giovani, adolescenti e non solo) è centrale. E poi vorremmo tornare a confrontarci – come è avvenuto in passato – con altre organizzazioni sparse in Europa che hanno punti di contatto con noi in termini di visione critica, di valori e di sensibilità, potendo favorire innanzitutto la partecipazione dei giovani a progetti di scambio.
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