“Heritage” di Richard Bona è un viaggio afro-cuban jazz sopra l’Atlantico

Il Los Angeles Times (non proprio l’ultimo arrivato) lo ha descritto così:

“un artista con i virtuosismi di Jaco Pastorious, la fluidità vocale di George Benson, il senso dell’armonia di Joao Gilberto, il tutto mixato con la cultura africana”.

Queste poche parole basterebbero per capire chi è il cantante e bassista Richard Bona, protagonista di oggi della nostra rubrica.

Nipote di un griot (i poeti-cantori dell’Africa occidentale) e figlio di una cantante, non si può certo dire che Richard non avesse la musica nel sangue: e ne dà prova fin dai primi anni, suonando gli strumenti da lui stessi costruiti per coltivare la sua passione nonostante l’indigenza della famiglia.

Da lì è un susseguirsi di esperienze, dalla prima band alla scoperta del jazz, che lo porteranno in giro per il mondo tra i trasferimenti in Germania, in Francia e negli USA, i tour mondiali che l’hanno visto toccare tutti i continenti, e i riconoscimenti internazionali (come ad esempio il SACEM Jazz Award, nel 2012).

La dimensione globale dei suoi interessi musicali e della sua popolarità non ha intaccato però i legami con le sue origini: temi vicini agli ultimi e agli oppressi, a partire da chi abita o ha abitato la sua terra, sono spesso affrontati proprio attraverso la musica. Come ha detto lo stesso Bona, “La musica abbraccia le differenze e riunisce le genti cosa che non riescono a fare la politica e la religione. Gli schiavi, quando hanno potuto, hanno salvaguardato le musiche dei loro Paesi familiarizzando con gli strumenti di fattura europea dei loro padroni”.

Dove invece le esperienze hanno sicuramente lasciato il segno è invece nel percorso artistico di Richard Bona: nella sua musica jazz e funk si accompagnano il pop occidentale, le atmosfere e le parole del continente d’origine, dal Camerun al Congo, e il ritmo della bossa nova, tipica del dirimpettaio Sud America.

Il risultato di tutte queste influenze? Il nostro consiglio artistico di oggi, con cui Bona ha lanciato il suo ultimo progetto musicale con (ovviamente!) una nuova commistione musicale tra l’Africa e il continente americano, grazie alla collaborazione con l’ensemble Mandekan Cubano: canti bantu, mambo, jazz, musica popolare e pezzi in puro stile cubano si fondono nell’anima afro-cubana di Heritage, album del 2016.

Consiglio personale: partite dalla seconda traccia, Bilongo, (su Spotify, Youtube, o qualsiasi cosa usiate per ascoltare la musica) e lasciatevi trasportare da un pezzo che è già un classico del genere.

Vi ha convinti? Stasera suonerà al’Arena di Santa Giuliana per Umbria Jazz.


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