Cosa succede quando due “figli dell’emigrazione”, uno italiano e uno straniero, si incontrano? E come cambia la vita di un piccolo paesino quando compare, di colpo, un’intera famiglia di gente che non solo é “forestiera”, cioè di un altro paese, ma non è neanche italiana?
Questo è quanto succede ad Arigliana, vicino Matera, nel libro E tu splendi di Giuseppe Catozzella, edito da Feltrinelli.
Il piccolo Pietro, figlio di emigranti dal Sud a Milano, in una città dove sono lui e tutti quelli come lui gli “stranieri” venuti a rubare il lavoro, dopo la morte della madre torna per un’estate ad Arigliana, il paese dei genitori. Un paesino di duecento di anime, quasi costretto alla fame dalle speculazioni e dai soprusi di Zì Rocco, che dopo una serie di macchinazioni è diventato l’unico possidente locale.
È qui, in un angolo economicamente depresso del Sud Italia, durante una prova di coraggio nella Torre Saracena abbandonata, che Pietro si trova senza volerlo faccia a faccia con il “diverso”, un uomo non italiano che lì si è rifugiato insieme alla sua famiglia.
La scoperta degli stranieri mette sottosopra la vita degli ariglianesi, divisi tra chi (pochi, tra i quali la saggia nonna del ragazzino) non vede tutta questa differenza con i sette nuovi arrivati, e chi (tanti) viene risucchiato dai pregiudizi (“fanno più schifo di noi”), dalle malelingue, dall’odio atavico per chi potrebbe cambiare gli equilibri sociali ed economici (vedi: stipendi più bassi) del paese. Lo straniero come catalizzatore delle paure più ancestrali. Anche quelle di Pietro, che all’inizio vede nel piccolo Josh una minaccia al suo ruolo di catalizzatore delle attenzioni della sua famiglia, per poi scoprire in lui qualcosa di completamente diverso.
E tu splendi è innanzitutto un romanzo di formazione, che segue l’estate di un ragazzino e i suoi primi passi verso l’età adulta e alle sue incognite, una storia ben leggibile e resa ancora più godibile dalla narrazione diretta, che ci accompagna alla scoperta del mondo attraverso i pensieri dello stesso Pietro. Ma soprattutto, nonostante i decenni che ci separano dal momento storico in cui il libro è ambientato, è anche la descrizione, attraverso gli occhi del ragazzino, di un piccolo spaccato del nostro Paese, in cui ora come allora troppo facilmente si parla di supposte “invasioni”, quando invece è proprio l’accettazione di chi è “diverso” a rendere possibile la convivenza e cambiamenti virtuosi nella nostra società.
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