castel del piano Impact Umbria

Diversità e integrazione spiegate ai bambini: le attività dell’I.C. Perugia 6 con il progetto IMPACT UMBRIA

Le frazioni di Castel del Piano, Mugnano e Fontignano, nel Comune di Perugia, hanno conosciuto fin dagli anni ’90 un forte afflusso di lavoratori stranieri: sudamericani, cinesi, nordafricani hanno deciso di trasferirsi e vivere in questa zone periferiche, anche per via dei costi a livello abitativo, più abbordabili rispetto ai quartieri della città.

Negli anni sono aumentate le famiglie straniere, e con loro, ovviamente, i bambini. “Siamo tra le scuole nella rete FAMI con la maggiore percentuale di alunni stranieri”, ci spiega la dott.ssa Margherita Ventura, dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo 6. “Solo considerando chi ha genitori entrambi stranieri, più del 12% degli studenti nel comprensivo presentano un background migratorio”.

L’Istituto Comprensivo Perugia 6, che per l’appunto comprende gli istituti scolastici di Castel del Piano, Mugnano e Fontignano, è capofila della “Rete intercultura – area Ovest” del Comune di Perugia: un gruppo di otto scuole che seguono un progetto interculturale per bambini stranieri, i cui risultati vengono poi esposti in eventi estivi, delle feste territoriali, alla fine della scuola. Quest’esperienza nel discorso interculturale che è continuata con la partecipazione al bando Fondo Asilo Migrazione e Integrazione per il progetto IMPACT UMBRIA. “Un progetto molto importante, che ci ha permesso di destinare ai vari gradi della scuola risorse, formazione e servizi molto importanti per intervenire sia sugli alunni stranieri, che sui loro sui genitori”.

Partiamo dagli studenti: l’IC Perugia 6 ha iniziato le attività per il progetto IMPACT a settembre, con l’attivazione dei corsi per la primaria ad ottobre, mentre poco prima è partito quello dell’infanzia. È questa una delle forze di IMPACT: aver colto l’importanza della formazione linguistica L2 non solo nella scuola primaria o nella scuola secondaria, ma anche per i bambini tra i tre e i cinque anni. Inutile però dire che, nonostante i pochissimi anni, le loro storie siano a volte molto diverse, e lo stesso si possa dire per le loro esigenze personali:

“La casistica è molto variegata: anche nei casi di analfabetismo L2 totale, si va dai bambini che parlano una lingua da cui si può partire per canalizzarli, come nel caso dello spagnolo o del francese, a quelli, soprattutto provenienti da Paesi extra-UE, per i quali questo discorso non può valere. Altra casistica è quella di bambini nati in Italia, per i quali l’italiano è quindi “lingua di contatto”, che però vivono in un ambiente famigliare dove si parla solo la lingua madre: per loro l’italiano rischia di rimanere legato all’ambiente scolastico”.

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“Di recente”, continua Ventura, “si è letto di alunni che non comprendono un testo, o che non sanno la lingua, e i ragazzi con background migratorio ovviamente rientrano nella statistica. Questo succede perché, se non si investe nella formazione di lingua L2 (di contatto o pura), il lessico che verrà imparato dagli studenti sarà sempre poverissimo, perché sarà limitato a quanto ascoltato e appreso in classe. Si dà per scontato che bambini e ragazzi, fuori dalla scuola, leggano o almeno guardino la TV, e che in famiglia si parli l’italiano. quando questo manca, si fatica a colmare la lacuna. Un tempo semplicisticamente si diceva che per i bambini stranieri bastasse la full immersion nell’ambiente scolastico per imparare la lingua; studi più recenti hanno fatto emergere quanto invece già a questa età una formazione linguistica sia fondamentale per preparare i bambini alla primaria. Per questo un progetto come IMPACT è fondamentale”.

“Questo genere di progetti è basato sulla qualità del servizio fornito: per IMPACT abbiamo lavorato con CIDIS Onlus, un punto di riferimento nell’insegnamento dell’italiano L2, e con un team di esperti, le dottoresse Giulia Migliola e Dèsirèe Ponti, che ha portato fin dai primi giorni entusiasmo tanto nelle lezioni per i bambini, che nella quotidianità per i docenti. Con i primi, è stato intrapreso un percorso di glottodidattica e di gioco; per i secondi, un percorso per la formazione degli insegnanti, i quali potranno poi riproporre almeno parte di quanto fatto con Cidis anche nel loro lavoro durante l’anno scolastico”.

Un’altra delle caratteristiche di IMPACT è quella di coinvolgere un ampio ventaglio di utenti. Come si diceva all’inizio, ad esempio, i bambini e gli insegnanti non sono l’unico target delle azioni pensate nell’ambito del progetto.

“Con IMPACT”, ci spiegano la dirigente scolastica e la referente di plesso, la dott.ssa Nadia Capezzali, “abbiamo attivato uno sportello di mediazione culturale, e stiamo partendo per l’insegnamento della L2 per i genitori, soprattutto nella zona di Mugnano, la frazione con più residenti stranieri. È un percorso rivolto in particolare alle donne: stando per lo più a casa e non avendo altri con cui parlare se non connazionali sono la categoria che ha più difficoltà nell’imparare l’italiano. L’idea di questo percorso è partito dal tam-tam delle donne stesse: sono state le madri dei nostri alunni a chiedercelo, e grazie al passaparola la stessa richiesta ci è stata posta dalle loro amiche. La chiave di volta è stato il doposcuola contemporaneo per i figli: importantissimo per le madri che non saprebbero altrimenti a chi lasciarli”.

Due percorsi formativi paralleli, che hanno coinvolto a diverso titolo e con diverse modalità alunni e docenti.

“Capiamo subito quando i bambini vogliono fare qualcosa, quando si trovano bene: il desiderio dei bambini di fare le attività del progetto, i risultati, e la possibilità di arricchire il bagaglio culturale e didattico delle docenti sono tutti segnali della bontà di un percorso, di un progetto. E con IMPACT stiamo apprezzando i risultati”.

E l’entusiasmo è palpabile, sia da parte delle insegnanti che dei bambini. Nella nostra visita all’Istituto per l’intervista con la dottoressa Ventura abbiamo potuto apprezzare il risultato di una delle attività intraprese con i bambini coinvolti nel progetto. Sono stati proprio loro a spiegare ai loro compagni di classe quello che avevano fatto durante le ore con le educatrici di Cidis, come attività multisensoriali, travestimenti, esercizi per riconoscere le emozioni, e per finire il pezzo forte della giornata: la rappresentazione di una storia. Una scatola di cartone diventa un palcoscenico, delle sagome ritagliate gli “attori”, mentre i bambini per l’occasione diventano narratori d’eccezione della breve storia della scimmietta Nanà e dei suoi amici animali, che si interrogano sul perché non siano tra loro tutti uguali: una piccola favola moderna per rendere comprensibile ai bambini il concetto di diversità, e che nessuno è migliore o peggiore dell’altro solo perché nato con un aspetto diverso. Perché la diversità è un valore, e insegnarlo fin dai primi anni di scuola è la strada maestra per una società che fa dell’integrazione il suo punto di forza.


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