Il 5 ottobre, dopo settimane se non mesi di trattative in seno al Governo, è stata trovata la quadra per la modifica di quelli che comunemente sono chiamati “Decreti sicurezza”, più volte denunciati come iniqui dalla società civile e addirittura bollati come incostituzionali dalla Consulta, in particolare l’articolo 13, che rendeva impossibile l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo, e di conseguenza tagliava fuori una parte del Paese dalla possibilità di avere accesso a servizi essenziali, come la sanità e la scuola.
Come se no bastasse, nei due anni in cui la legge è in vigore circa 80 mila immigrati sono stati esclusi dal sistema di accoglienza, di fatto diventando clandestini a causa della legge che la clandestinità, a detta di chi l’aveva proposta, voleva combatterla.
Come avevamo accennato in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, un altro effetto (deliberatamente voluto) dei Decreti sicurezza è stato tagliar fuori le ONG dalla funzione salvifica che hanno auto negli ultimi anni nel Mediterraneo centrale, a causa della possibilità di emanare ordini di divieto di ingresso alle loro navi e delle salatissime multe (fino a un milione di euro) previste per chi non vi si attenesse.
Tutto questo ora può cambiare, almeno in parte, grazie all’accordo politico tra le forze di maggioranza. Non si parla di un testo definitivo, ma solo di un passo avanti su vari fronti:
- è stato ristabilito il permesso umanitario, seppure con un altro nome (permesso speciale), che potrà essere anche convertibile in permesso di lavoro, ed è stato introdotto il permesso per calamità;
- il ritorno dell’accoglienza diffusa, strumento molto più efficace rispetto ai grandi centri per instradare gli immigrati in un percorso di integrazione e apprezzato soprattutto qui in Umbria;
- torna la possibilità di iscriversi all’anagrafe comunale per i richiedenti asilo;
- reintrodotto il divieto di respingimento ed espulsione in stati in cui lo straniero rischi di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti;
- la riduzione da un massimo di un milione a mila euro l’ammontare delle multe per le ONG;
- il passaggio da quattro a tre per quanto riguarda gli anni per la procedura di richiesta della cittadinanza.
Non sono miglioramenti da poco, considerando il punto da cui siamo partiti. Mancano però alcuni dei correttivi che avrebbero reso più giusta l’intera riforma della materia: un’ulteriore taglio dei tempi per la cittadinanza, la possibilità do convertire il neonato permesso per calamità in permesso per motivi di lavoro, o l’eliminazione delle multe per le ONG che continuino ad operare nel Mediterraneo centrale.
Si mantiene insomma l’accento securitario avuto in Italia da Minniti in avanti, ma anche questi timidi passi avanti non sono definitivi. Manca ancora la discussione in aula, e sembra che le destre, Lega in primis, siano pronte a dare battaglia (ideologica).
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