La terza giornata mondiale del rifugiato per Caritas diocesana e Associazione di volontariato San Martino è stata all’insegna della multiculturalità.
Migranti: persone oltre i numeri. Si potrebbe riassumere così, parafrasando il celebre spot di una nota catena della grande distribuzione, il motto della terza Giornata mondiale del rifugiato alla Caritas diocesana di Terni.
La giornata è infatti stata un’opportunità unica per liberarsi dalle narrazioni dell’immigrazione che troppe volte distorcono la realtà e capire come dietro alle asettiche cifre dietro alle quali si tenta sempre più spesso di ingabbiare il tema delle migrazioni, si celino prima di tutto persone, incredibili vicende umane.
Che si trovino in Italia per caso o che siano semplicemente in transito, diretti verso altri lidi o, al contrario, desiderosi di piantare nel bel Paese le proprie radici, i migranti sono stati i veri protagonisti della festa. E non potrebbe essere stato altrimenti.
Tra costumi tradizionali, armonie che incarnano alla perfezione il concetto di world music e, ovviamente, un banchetto che ha mostrato tutta la ricchezza di una cucina multietnica, la mensa di San Valentino si è trasformata per una sera in un autentico crogiolo di umanità in viaggio, alla presenza del vescovo di Terni, Giuseppe Piemontese.
Il presidente dell’associazione san Martino, Francesco Venturini, ha spiegato così le attività della sua organizzazione: «Sono più di duecento i migranti che sono attualmente ospitati nei progetti Sprar ed Emergenza sbarchi. Si tratta di quasi 700 persone in tutto il territorio provinciale, con gli ultimi arrivi che risalgono a meno di un mese fa».
La maggior parte degli ospiti provengono da Paesi come la Nigeria, il Gambia, la Guinea, il Ghana, l’Eritrea, spinti a emigrare perlopiù da motivi economici e povertà, ma c’è anche chi è dovuto fuggire semplicemente perché la sua famiglia e quella di sua moglie erano contrarie al matrimonio, chi ha subito torture indicibili perché, come veterinario, non è riuscito a evitare che il bestiame affidatogli in consegna si ammalasse, e chi è un perseguitato politico. Diversi di loro sono riusciti a giungere in Italia grazie ai corridoi umanitari, ma non manca chi è stato costretto a investire gli ultimi risparmi della famiglia per imbarcarsi.
La domanda più ricorrente è la stessa per tutti: «Cosa vi aspettate dall’Italia? Cosa cercate?». E anche la risposta è per tutti la stessa: «vogliamo solo vivere una vita normale e integrarci».
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